Il sangue sicuro non è scontato
a cura di Giancarlo Liumbruno, Direttore Centro Nazionale Sangue
Il sangue sicuro non è scontato

Nell’ultima versione della sua ‘Essential

List of Diagnostics’, cioè la lista degli esami

di laboratorio e dei dispositivi medici

diagnostici giudicati indispensabili in tutto

il mondo, l’Organizzazione Mondiale

della Sanità (Oms), ha inserito per la prima

volta una sezione specifica dedicata

alle analisi da fare per lo screening delle

donazioni di sangue.

La novità, scrive la stessa Organizzazione,

“fa parte di una strategia più ampia

dell’Oms per rendere le trasfusioni più

sicure”, e ci ricorda che se l’Italia e in

generale i Paesi a più alto reddito hanno

fatto passi da gigante in questo senso,

rendendo le infezioni trasmesse con le

trasfusioni ormai un doloroso ricordo, c’è

ancora molto da fare altrove. Non a caso

lo slogan scelto quest’anno per il World

Blood Donor Day del 14 giugno è stato

‘Safe blood for all’.

Il testo, pubblicato questa settimana, inserisce

nell’elenco i test per lo screening

di epatite B e C, Hiv, treponema (l’agente

infettivo della sifilide) e per virus che

possono comportare rischi in determinati

territori o periodi di tempo, come Zika o

il West Nile.

Si tratta di procedure diagnostiche che

nel nostro paese fanno parte della routine

ormai da diversi anni, tanto che nell’ultimo

decennio non si registrano infezioni,

mentre le notizie che periodicamente si

trovano sui media riguardano casi risalenti

a venti o trent’anni fa.

I test a cui viene sottoposto il sangue donato,

che non può essere utilizzato prima

dell’esito, sono uno dei pilastri che garantiscono

la sicurezza, insieme al questionario

e al colloquio con il medico, che

riducono la possibilità che doni una persona

che potrebbe aver avuto un comportamento

a rischio, ma la prima garanzia

viene dalla scelta etica di utilizzare sangue

proveniente solo da donazioni volontarie,

anonime e non remunerate.

Se si riceve un pagamento o si dona per

una persona in particolare, ad esempio

un parente, è possibile che si scelga di nascondere

eventuali fattori di rischio. Il sistema

italiano ha appena avuto un grande

riconoscimento da parte dell’Oms, che ha

assegnato al nostro paese l’organizzazione

dell’evento mondiale del World Blood

Donor Day 2020, un’occasione anche per

diffondere questo modello. Secondo le

cifre dell’Organizzazione infatti ci sono

ancora 58 paesi nel mondo che raccolgono

più del 50 per cento del sangue da familiari

o comunque persone indicate dal

ricevente o da donatori pagati.

Ancora peggiore è la situazione per quanto

riguarda la donazione di plasma, con

solo 50 dei 173 paesi monitorati che producono

i farmaci plasmaderivati che utilizzano,

e 26 che dichiarano di non utilizzarli

affatto, nonostante nell’elenco ci

siano molte terapie salvavita.

Il Centro Nazionale Sangue ha coordinato

insieme alle Regioni e alle associazioni

di volontari diversi programmi di donazione

di farmaci, più precisamente di fattori

di coagulazione, ai pazienti di paesi in

difficoltà, dalla Palestina all’Afghanistan

all’Armenia, e in molti casi insieme alle

terapie abbiamo fornito e forniamo aiuto

nella costruzione di un sistema sangue paragonabile

al nostro.

Recentemente ad esempio in Salvador

Avis e Fiods, la federazione mondiale dei

donatori, hanno contribuito alla creazione

della prima associazione di donatori

volontari, e il Cns ha fornito supporto e

consulenza per l’adeguamento, tutt’ora in

corso, del quadro normativo.

(articolo su AGI, 12 luglio 2019)