Sicurezza nelle trasfusioni: si può fare di più
Vi riportiamo alcuni estratti
della lettera che il presidente
SIMTI ha inviato a Quotidiano
Sanità dopo il tragico fatto di
Vimercate. Il testo completo è
disponibile sul sito di QS e su
www.avis.it
Sicurezza nelle trasfusioni: si può fare di più

Si può morire nel 2019 per un

errore trasfusionale dovuto allo

scambio di una sacca di sangue?

Sembra incredibile, eppure è accaduto.

L’episodio si è verificato

presso l’Ospedale di Vimercate e

sembrerebbe che l’incidente sia stato

causato dalla trasfusione di un’unità

di sangue destinata ad un’altra persona con lo

stesso cognome ricoverata presso lo stesso reparto

di Ortopedia.

All’origine del tragico evento sembra che ci sia

stato un errore umano. In Italia esiste una precisa

normativa (D.M. 2 novembre 2015) che regolamenta

in maniera puntale e precisa le procedure

che devono essere adottate per la corretta identificazione

del paziente da sottoporre a trasfusione

e i controlli a cui devono essere sottoposte le

unità di sangue da trasfondere. […]

Dal 2005 la Legge 219/2005

che regolamenta in Italia le

attività dei Servizi Trasfusionali

[…] prevede, che

“Ai fini della prevenzione

dell’errore trasfusionale deve

essere adottata ogni misura

di sicurezza anche attraverso

strumenti informatici, ove

possibili, per l’identificazione del

paziente, dei suoi campioni di sangue e unità

assegnate, sia nel Servizio Trasfusionale che nel

reparto clinico”.

Nella realtà, purtroppo, non è sempre così. Da

informazioni ricavate da alcune Survey promosse

dalla SIMTI, sembra che questi sistemi di sicurezza

siano utilizzati solamente in un’esegua

minoranza di ospedali. SIMTI già da tempo

sostiene come l’adozione in maniera capillare su

tutto il territorio nazionale di questi sistemi di

sicurezza possa aiutare ad intercettare

gli errori commessi al momento del

prelievo dei campioni o al momento

della trasfusione.

Durante la recente Maratona

Patto per la salute

2019-2021, organizzata

lo scorso luglio dal Ministero

della Salute, una

delle proposte avanzate dalla

nostra Società per garantire

a tutti i pazienti una trasfusione

sicura è stata quella di favorire su tutto il territorio

nazionale l’adozione di tali sistemi elettronici

di sicurezza trasfusionale, come peraltro raccomandato

dagli Standard SIMTI di Medicina

Trasfusionale.

Come è noto in Italia, da diversi anni il rischio

di contrarre un’infezione con la trasfusione è veramente

molto basso e negli ultimi 10 anni non si

sono registrati casi di infezioni dovute a trasfusione,

almeno per gli agenti biologici testati (HCV,

HBV, HIV e sifilide).

Lo stesso non si può dire per il rischio di ricevere

una sacca di sangue sbagliata. Su questo aspetto

fondamentale bisogna quindi investire risorse e

promuovere la formazione di tutti gli operatori

coinvolti, al fine di poter garantire a tutti i nostri

pazienti una trasfusione sicura e per non dover

ancora morire per un errore così banale.

Dott. Pierluigi Berti

Presidente Società italiana di medicina trasfusionale

ed immunoematologia (SIMTI)