Il sistema sangue italiano, come quelli europei, deve prepararsi
all’eventualità di dover affrontare focolai di malattie infettive
‘emergenti’, come già visto ad esempio con l’epidemia di Chikungunya
(per la quale nel 2017 non era ancora disponibile un test
specifico per la qualificazione biologica del sangue donato), che
possono mettere a rischio anche le scorte di sangue, costringendo
ad esempio a sospendere le donazioni in territori molto ampi per
evitare il rischio di contagio tramite trasfusioni.
Tra le strategie per difendersi ci sono anche le cosiddette tecniche
di “riduzione dei patogeni”, procedure che abbattono i possibili
contaminanti prima che i prodotti del sangue vengano usati. Se
ne è discusso ad un meeting organizzato congiuntamente dal
Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) e il Centro
Nazionale Sangue, a cui hanno partecipato rappresentanti
degli stati dell’UE e anche degli Usa, e che si è appena tenuto a
Roma nella sede dell’Istituto Superiore di Sanità.
Nei prossimi anni, hanno sottolineato gli esperti durante la conferenza
“Pathogen Inactivation of blood and blood components”, i
cambiamenti climatici, che rendono sempre più diffusi insetti che
prima non erano presenti in Europa, uniti ai flussi migratori e agli
spostamenti delle persone, rendono sempre più alto il rischio di
arrivo di patogeni ‘esotici’.
Le tecnologie di riduzione dei patogeni sono in continua evoluzione,
e a breve sarà possibile applicarle a quasi tutti i prodotti del
sangue. “La difesa principale è un buon sistema di sorveglianza,
in cui i casi vengono trovati appena emergono e la notizia viene
condivisa immediatamente con gli altri Stati e con noi, in modo
da elaborare una strategia di reazione - spiega Dragoslav Domanovic
dell’ECDC -.
In caso di malattie per cui non ci sono test diagnostici le tecniche
di riduzione dei patogeni possono essere una buona strategia per
diminuire il rischio che il sangue e gli emoderivati destinati ai
pazienti siano contaminati.
Queste strategie sono state già raccomandate per il virus Zika e
altri focolai di malattie, come Chikungunya, specialmente quando
sono avvenuti in aree con un alto numero di potenziali donatori
in cui la loro sospensione poteva creare carenze significative
nelle scorte di sangue”.
Al momento, sottolinea il direttore del Centro Nazionale Sangue
Giancarlo Maria Liumbruno, l’Italia ha la possibilità di attuare le
tecniche di riduzione dei patogeni solo in alcune regioni.
“Fino a questo momento i focolai di malattie emergenti, o anche
di quelle che ormai sono diventate endemiche nel nostro paese
come il West Nile Virus, oggetto ormai di un vero e proprio
piano la cui edizione 2019 è stata appena pubblicata dal ministero
della Salute, sono stati gestiti senza grandi ripercussioni sulle
scorte di sangue - precisa -.
Per tradurre però in pratica alcune delle indicazioni emerse dal
meeting sull’inattivazione potrebbe essere necessario valutare
con i centri delle sei regioni che al momento hanno disponibili
queste tecniche l’opportunità di costituire un modello di interazione
all’interno della rete trasfusionale nazionale”.